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Riflessioni sulla stabilizzazione del personale precario nells P.A, e dei militari precari della Difesa. PDF Stampa E-mail

RIFLESSIONI SULLA STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE PRECARIO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DEL PERSONALE MILITARE PRECARIO DELLA DIFESA

Allo stato attuale la questione della stabilizzazione del personale precario della P.A. e specie dell’Amm.ne Difesa presenta alcune incongruenze di ordine Costituzionale e legislativo, nonché sul piano sociale e di giustizia.

In primo luogo occorre chiarire che il legislatore è intervenuto con la finalità di sanare situazioni che si protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista di personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti così assunti, anche in violazione dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

La stabilizzazione riguarda il solo personale non dirigenziale, che abbia maturato o maturerà il requisito di tre anni di servizio complessivi e, nel darvi corso, le amministrazioni seguiranno il seguente ordine di priorità.

Saranno stabilizzati in primo luogo i dipendenti che hanno maturato il requisito dei tre anni di servizio nella medesima amministrazione.

In secondo luogo si provvederà per coloro che abbiano raggiunto il predetto requisito in diverse amministrazioni. In tal caso la stabilizzazione avviene nell'ultima amministrazione nella quale si è prestato servizio e con l'ultima qualifica rivestita.

L'amministrazione che procede alla stabilizzazione può fare utilmente riferimento a procedure selettive svolte presso altre amministrazioni solo se riferibili alla qualifica per la quale si stipula il contratto a tempo indeterminato.

L’interesse alla stabilizzazione parte con una corsa a beneficare chi è precario di nuova data e chi ancora non è diventato precario, dimenticandosi completamente dei precari storici che con il colpo di spugna dell’includibilità limitata al quinquennio precedente si vedono spazzati via da ogni possibilità.

L’elemento che lascia perplessi è senza dubbio quello dell’inclusione o meno del personale militare dell’Amministrazione Difesa. Le normali deroghe poste in difesa da chi ne sostiene la non includibilità nei benefici legislativi attuali lasciano un segno di pesantezza e disuguaglianza a carico dei cittadini in divisa che con oneri maggiori hanno prestato la loro opera nel delicato compito di difesa della Patria, dopo aver superato rigide selezioni per l’idoneità psicofisica, attitudinale e professionale.

Il fatto che l’utilizzo di personale militare a tempo determinato sia stata fonte di reclutamento per lungo tempo non significa che si debba proseguire sempre su questo cammino che certamente non tutela l’interesse del singolo.

Le svolte storiche nei mantenimenti di procedure di legge non sono sempre di origine statica e possono essere cambiate tenendo in considerazione i benefici che i soggetti ne possono conseguire, specie in particolari situazione di precarietà contrattuale come quella attualmente caratterizzante la sfera occupazionale moderna.

Altro elemento di differenziazione penalizzante è quello di aver stabilizzato personale dell’Arma dei Carabinieri, come forza di polizia non tenendo contro che essendo quest’ultima anche forza armata pone cosi facendo accento di disuguaglianza nei confronti dei colleghi delle altre F.A., per cui queste disuguaglianze nella fruizione dei benefici previsti dalle legge finanziaria non possono non essere sottovalutati per le implicazioni conseguenti.

Si consideri parimenti che un fattore che pesa considerevolmente è quello della limitazione temporale, “personale che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore al 1° Gennaio 2007”.

Non è possibile che ci sia un vantaggio limitato solo ad alcuni fruitori senza che gli altri aventi diritto che patiscono la precarietà da lungo tempo non possano non essere ammessi.

Infatti prima andrebbero stabilizzati quelli che nel percorso lavorativo sono rimasti precari cronici e non hanno avuto alcuna altra opportunità se non il peso degli anni di disoccupazione e il disagio conseguente e poi tutti gli altri.

Quindi si tratta di allargare l’orizzonte temporale anche a chi è rimasto nella fascia debole del precariato e si trova in condizioni di rischio nella maturazione del diritto alla pensione con preclusione del suo futuro.

Per quanto concerne la tipicità del personale militare va fatta una riflessione specifica su cui è importante quindi concentrare l’affinamento legislativo in atto per garantire una azione politica seria, profonda e soprattutto equa e sociale.

Innanzitutto va precisato che i precari storici delle F.A. e particolarmente gli Ufficiali, hanno talvolta ricorso a strumenti giurisdizionali e di dichiarazione di volontà o di richieste di applicazioni estensiva delle leggi esistenti per aver riconosciuto il servizio volontario prestato come premessa ad un rapporto di impiego continuo con richieste di transito in servizio permanente o proroghe di ferma o richiamo in servizio.

Non ultimo anche con il d. lg. 8 maggio 2001, n. 215 ci sono state spontanee domande volte all’accesso al servizio permanente. Inutile dire che queste azioni, che già erano in premessa di previsione di una stabilizzazione in forza di un diritto che traeva le sue origine nella fattispecie della continuità del servizio prestato nell’amministrazione difesa al pari di qualsiasi altra amministrazione pubblica e con le responsabilità derivanti dal rapporto di servizio instaurato a fronte di rilevanti interessi pubblici soddisfatti e con la penalizzazione del singolo in termini contrattuali.

Un atto di grande equità nei confronti dei pionieri della precarietà militare sarebbe quella di riesumare tutte queste domande a fronte di una rinnovata volontà a che queste stesse siano fatte valere e incluse nei benefici previsti dalla finanziaria.

Unica condizione da soddisfare è che il beneficiario sia in grado di maturare diritto a pensione.

Quindi alla fine nel percorso di recupero di precari sparsi lungo il cammino temporale l’Amm.ne Difesa non si troverà di fronte una grande numero di adesioni ma solo avrà riscattato la parte rimasta più debole nel percorso di lavoro e quindi assicurato la premessa ad un futuro più stabile per i singoli beneficiari.

Si capisce quindi che la stabilizzazione non può essere fatta tutta e subito ma deve, come la legge stessa recita, dare delle priorità che devono essere estese a tutti gli aventi diritto e non solo all’ultimo quinquennio.

Quanto poi allo sbocco è lecito discutere per l’Amm.ne Difesa se gli aventi diritto dovranno restare nella F.A. di appartenenza, transitare con criteri specialistici verso i corpi di polizia o transitare nei ruoli civili della stessa amministrazione, ovvero ancora colmare lacune professionali presso altre Amministrazione pubbliche ed, in ultima analisi, ipotizzare un impiego alternativo di sicurezza nazionale.

A tal scopo è utile la determinazione di tabelle di equiparazione in cui vengano rispettati criteri specialistici e curriculari di provenienza, si tratta infine di personale con risorse professionali e umane importanti, serie ed affidabili, di cui non si può non tenerne conto.

Una graduatoria da cui attingere personale nel tempo parrebbe la soluzione più equa e realizzabile.

Il mancato rispetto dei principi su cui abbiamo riflettuto potrebbe generare una mole di contenzioso che richieda, in via giurisdizionale, il rispetto dell’applicabilità delle violazioni riconosciute per i rispettivi casi esaminati.

Cosi se la lodevole proposta di legge 2467 Piro-Piscitello all’art. 1 dovrebbe essere modificata con l’indicazione di “coloro che hanno prestato servizio senza demerito e che maturino il numero di anni minimo per diritto al conseguimento della pensione, possono presentare domanda al fine di essere richiamati per l’inserimento nel servizio permanente, ovvero se hanno già presentato domanda precedentemente, rinnovino l’intenzione a tal proposito con nuova istanza che ne faccia debito riferimento”.

Oppure è auspicabile la previsione di un elemento qualificante che preveda l’inclusione degli ufficiali, prima del quinquennio descritto dalla finanziaria, (sempre con tre anni di servizio minimo e provenienti quindi dalle ferma volontaria biennale) che hanno chiesto di entrare a far parte della forza di completamento ai sensi del D.L. 215/2001 riesumando le istanze a suo tempo presentate con la valutazione di merito circa il fatto che siano stati richiamati per addestramento, abbiano frequentato corsi militari riservati al servizio permanente conseguito brevetti, ecc. (con benefici che già erano previsto dalla legge istitutiva del ruolo ad esaurimento).

Alla fine l’inserimento in ruolo di elementi che hanno raggiunto o superato il quarantesimo anno di età non costituisce alcuno ostacolo all’impiego in servizio sempre che i requisiti fisici non abbiano subito importanti alterazioni ed in considerazione che la vita media si è di gran lunga allungata, il rendimento resta assicurato dall’esperienza.

Sul sito dell’arma dei Carabinieri, si parla dunque di un tenente quarantenne che comanda il reparto operativo nucleo natanti con abilità e professionalità.

http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Carabiniere/2005/08-Agosto/Arma+Oggi/026-00.htm

Stessa cosa dicasi dell’altrettanto lodevole disegno di legge n. 1647 ad opera di vari senatori che include solo gli ufficiali a ferma prefissata dimenticandosi di tutti gli altri e per questo andrebbe rivisitato per le accennate questioni di equità e giustizia nei confronti di chi il disagio lo sopporta da lungo termine.

Questo percorso è sicuramente innovativo e orientato ai principi in uso nei Paesi comunitari, ma ponendo base sui principi Costituzionali, la sua attuabilità rappresenta una volontà di aderire ai valori repubblicani e, nel caso in questione, anche ai valori sociali e umani che riguardano l’interesse del singolo.

Altro elemento che andrebbe inserito è costituito dagli esborsi che l’amm.ne Difesa ha effettuato nella formazione del personale inviandolo a svolgere corsi militari e civili durante il servizio prestato in vista di un impiego più qualificante che talvolta non sempre si è verificato.

Le professionalità acquisite poi nella formazione civile andranno valutate singolarmente.

Su questo fronte una stabilizzazione attuata in forza di questi principi è quella relativa ai piloti di complemento che vengono stabilizzati con ferma lunghe e poi transitano ad hoc in servizio permanente.

Appare poi chiaro che il personale richiamato darà per via della volontarietà manifestata e per la professionalità acquisita nella vita militare e in quella civile, un impulso di forze-risorse “fresche” che daranno beneficio al comparto militare, elemento del quale bisogna pure tenerne conto.

CONCILIAZIONE PACCHETTO LEGALITA’ E FORZE ARMATE

Sul pacchetto legalità si può affermare che se da un lato è legittimo il passaggio - trasferimento di personale militare verso le forse di polizia (procedura diretta), esiste una possibilità di agevolare il rafforzamento delle forze di polizia, nello specifico dell’Arma dei Carabinieri, liberando tutto il personale presente nelle strutture delle F.A. che vedono svolgere servizio di polizia militare e di vigilanza, attraverso la costituzione di un corpo di polizia militare all’interno di ogni singola FA.

Cosi facendo oltre che ad allinearsi alle principali organizzazioni militari internazionali, si potrà ovviare alla stabilizzazione militare attraverso il passaggio a detto Corpo dei militari delle rispettiva F.A., opportunamente formati, per il compito che andranno a svolgere ed a cui dovranno essere previste attribuzioni di polizia giudiziaria militare e capacità autonome nello svolgimento dell’attività.

T.V.(c) S. C.

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Coloro che sono interessati ad avere uno schema della domanda di stabilizzazione da inviare al Ministero della Difesa, possono contattare chi sta coordinando l'operazione al seguente indirizzo:

ufficiali@fastmail.fm

Ad ogniuno degli interessati sarà inviata una copia dell'istanza appena sarà pronta.
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