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Il SISMI, la CIA ed il caso del sequestro dell'imam Abu Omar. PDF Stampa E-mail

Il solito canovaccio italiano

di Sergio Romano dal Corriere.it

Nel melodramma dei servizi segreti il libretto, dalla prima metà degli anni Sessanta, è sempre lo stesso. Comincia con un brusio di sussurri e bisbigli che si gonfiano sino ad approdare sulle pagine dei giornali. Continua nelle settimane seguenti con un grande dibattito sui rischi della democrazia, minacciata da un potere occulto, e sulla necessità di una riforma che renda i Servizi democratici, civili e persino, secondo qualcuno, trasparenti. E si conclude prima o dopo con l'approvazione di una riforma che delimita i loro compiti e crea comitati interministeriali o commissioni parlamentari di controllo. I Servizi cambiano ragione sociale, i loro dirigenti vengono pensionati o assegnati ad altri incarichi. Ma il caso da cui è nato lo scandalo resta generalmente oscuro, continua ad avvelenare la vita nazionale e rende ancora più credibile lo scandalo successivo. Per un singolare rovesciamento delle regole di un qualsiasi processo, il fatto che le accuse iniziali siano difficilmente documentabili dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il «sistema è marcio». Sono passati più di quarant'anni ormai da quando i Servizi sono diventati, insieme alla mafia, alla Cia e ai «poteri forti», il braccio poliziesco del «secondo Stato», quello che lavora dietro le nostre spalle, ripulisce le colpe dei potenti, tesse trame golpiste, impedisce il buon funzionamento della democrazia italiana. Le istituzioni da cui dovrebbe dipendere la nostra sicurezza sono così, per molti italiani, un motivo di paura e di inquietudine. Il caso del rapimento di un imam nelle vie di Milano è diverso dagli altri ed è quello in cui le indagini della magistratura potrebbero fare chiarezza.
Ma il Paese dovrebbe chiedersi se questa diffidenza, continuamente alimentata dai settori più ideologici della sinistra italiana, non sia, con altri fattori, la causa di almeno due difetti che sono stati frequentemente imputati in questi anni ai Servizi italiani. Il primo è la loro eccessiva dipendenza dall'Intelligence americana: un rapporto che risale agli anni della Guerra fredda e si è ristabilito durante la lotta contro il terrorismo. I Servizi debbono sventare minacce, neutralizzare nemici, garantire la sicurezza del Paese. Ma non è facile farlo se l'organizzazione è sorvegliata a vista, dotata di scarsi mezzi e sospettata delle peggiori malefatte. È possibile che i Servizi italiani, per fare al meglio il loro lavoro, si siano appoggiati agli americani, abbiano approfittato dei loro mezzi e delle loro informazioni. Ed è possibile che questo rapporto abbia creato obblighi e debiti a cui, come forse nel caso dell'imam rapito a Milano, non era facile sottrarsi. Vi sono circostanze, nel mondo dei servizi, in cui occorre restituire i favori ricevuti.
Il secondo difetto è una certa contaminazione politica. Male amati e oggetto di una generale diffidenza, alcuni esponenti dei Servizi si sono forse controassicurati intrattenendo con uomini o gruppi politici rapporti che comportavano, anche in questo caso, lo scambio di reciproci favori. Sono soltanto ipotesi, naturalmente, e non basterebbero comunque a giustificare certi comportamenti arbitrari e censurabili. Ma se vogliamo che queste istituzioni rendano un servizio al Paese, non possiamo limitarci a moltiplicare i controlli parlamentari o addirittura pretendere che lavorino alla luce del sole. Dobbiamo garantire ad essi autonomia, rispetto e fiducia: tre doti senza le quali nessun servizio segreto può fare con efficacia il proprio lavoro.
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Si voleva spostare l'inchiesta giudiziaria Brescia
Falsi su Prodi, ecco i dossier segreti del Sismi
Fascicoli sui pm e migliaia di file e carte negli armadi custoditi nell'attico di via Nazionale a Roma
ROMA - L'attuale presidente del Consiglio, Romano Prodi. L'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Edmondo Bruti Liberati. E molti altri pm come Stefano Dambruoso, il primo ad aprire l'inchiesta sul sequestro del suo indagato Abu Omar. Ecco le prime vittime accertate delle variegate attività che gli inquirenti etichettano come «disinformazione», «inquinamento delle indagini», «dossieraggio» e «spionaggio abusivo».

Principale accusato è Pio Pompa, il dipendente del Sismi, fedelissimo del generale comandante Niccolò Pollari, che gestiva l'ufficio del servizio segreto militare scoperto dagli inquirenti milanesi in via Nazionale 230, nel palazzo di fronte alla questura di Roma. Negli armadi pieni di carte e materiale informatico, che ora sono sotto sequestro, magistrati e polizia hanno trovato numerosi fascicoli personali intestati a giornalisti e soprattutto a magistrati considerati «nemici» del Sismi. Tra documenti e computer (almeno 5) è spuntato anche il dossier contro Prodi che l'agente Pompa avrebbe inviato ai due giornalisti di Libero ora indagati per favoreggiamento dei sequestratori di Abu Omar.

Il vicedirettore del quotidiano, Renato Farina, sarebbe stato anche pagato dal Sismi: nell'archivio segreto gestito da Pompa sono state trovate le ricevute di almeno due versamenti, che il giornalista firmava con il suo nome in codice di informatore «Betulla». Le somme: 2.000 e 5.000 euro, che per gli inquirenti sono l'indizio di un rapporto «stabile, organico e, dunque, retribuito», col Servizio segreto. Un esempio? Il 9 giugno scorso Libero annuncia «rivelazioni» in prima pagina: sarebbe stato Prodi, quand'era presidente della Commissione europea, ad autorizzare i voli segreti della Cia in Italia. L'articolo è firmato da Farina e dal redattore Claudio Antonelli, che obbedisce al primo (sentendosi presentare al Sismi come «il mio uomo») e che ieri ha concesso ai pm un interrogatorio che è stato segretato. L'accusa a Prodi non ha trovato alcuna conferma nelle indagini internazionali.
Ma nell'ufficio di via Nazionale gli inquirenti milanesi hanno trovato l'originale del dossier trasmesso da Pompa a Farina, che corrisponde esattamente all'articolo poi pubblicato, quando Prodi era già presidente del Consiglio. Un altro obiettivo dell'attività sotterranea degli uomini del Sismi intorno al rapimento di Abu Omar era spostare l'indagine da Milano a Brescia. Come? Tentando di coinvolgere nella vicenda l'ex pm milanese Stefano Dambruoso, titolare dell'inchiesta sul sequestro fino alla primavera del 2004. Secondo la ricostruzione degli attuali pm, l'incontro del 22 maggio scorso tra Renato Farina e i procuratori aggiunti Spataro e Pomarici, avvenuto «simulando un interesse meramente giornalistico», seguiva un preciso disegno: «Porre specifici quesiti (suggeriti da Pompa al giornalista) in modo da poter apprezzare il grado di conoscenza degli inquirenti sul coinvolgimento del Sismi nella vicenda». E soprattutto «sviare gli accertamenti» della Procura fornendo ai pm «false informazioni (anche in questo caso suggerite al giornalista dal Pompa) circa presunte responsabilità organizzative nel sequestro del dr. Stefano Dambruoso e del personale della Digos di Milano».
Qualunque accertamento sull'ex inquirente milanese avrebbe costretto i magistrati a cedere l'inchiesta ai loro colleghi di Brescia. Nello stesso atto d'accusa notificato a Farina e Pompa, inoltre, si sostiene che «sempre il Pompa suggeriva a vari altri giornalisti con i quali era in stretto contatto la pubblicazione di articoli tendenti ad accreditare l'ipotesi di responsabilità del dr. Dambruoso e della Digos di Milano nell'organizzazione del sequestro». Nell'ufficio di Pompa, gli investigatori hanno trovato anche i due «rapporti» trasmessi da Farina e dal suo redattore sul colloquio con Spataro e Pomarici, che si aprì con queste domande: «Il Sismi c'entra col sequestro di Abu Omar? Voi che cosa ne sapete?».
Giovanni Bianconi
Paolo Biondani dal Corriere.it
07 luglio 2006
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L'inchiesta Abu Omar, prime confessioni nel Sismi
Tre funzionari indagati ammettono le complicità italiane. Mancini: non ho mai rapito nessuno
ROMA - Prime confessioni tra i dirigenti del Sismi accusati del sequestro di Abu Omar. A fornire ai magistrati milanesi nuove cruciali ammissioni sulle complicità italiane nell'azione illegale della Cia sono almeno tre alti funzionari del servizio segreto militare. Tutti accusano Marco Mancini e il generale Gustavo Pignero, i due capidivisione arrestati l'altro ieri, di aver partecipato all'organizzazione del rapimento, per compiacere l'allora capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, che ora è il primo dei 26 agenti americani ricercati. Non solo. Almeno due 007 italiani confessano di essere stati presenti a diverse riunioni preparatorie del sequestro. E precisano che in quegli incontri, ovviamente segreti, Mancini e Pignero istruivano i sottoposti spiegando che «la Cia vuole sequestrare l'imam di Milano e noi dobbiamo aiutarli. Bisogna mandare i nostri uomini a Milano a fare i sopralluoghi e i pedinamenti».
La stessa accusa è confermata da almeno un altro testimone interno al Sismi, che giura di aver ricevuto, dopo il sequestro, la rivelazione di Mancini che «è stata un'operazione congiunta Cia-Sismi». È in questa situazione sempre più drammatica che Mancini attende il primo interrogatorio fissato per oggi pomeriggio a San Vittore. Dal carcere di Milano, ieri, il capodivisione ha affidato a uno dei suoi legali, Luigi Panella, una rivendicazione di innocenza: «Non ho mai rapito nessuno e non ho mai partecipato al sequestro di qualcuno. Sono tranquillo, ho fiducia nella giustizia». Secondo i primi «pentiti» del Sismi Mancini dipendeva gerarchicamente da Pignero anche per il sequestro: è il generale, nei quattro mesi che precedono l'azione di forza della Cia (17 febbraio 2003), a dare gli ordini ai dirigenti riuniti nella sede del Sismi. Indicazioni operative che poi discendono a tutta la catena gerarchica fino ai marescialli. Con una vistosa anomalia: tutti i dirigenti contrari al sequestro vengono scavalcati o rimossi. I capi dei tre centri Sismi strategici — Milano, luogo del sequestro; Padova, base di due agenti Cia; e Trieste, che ha competenza sulla base Usa di Aviano, da dove partì l'aereo con l'ostaggio — sono stati tutti sostituiti da Pignero, alla vigilia del rapimento, con funzionari fedelissimi a Mancini, che ora sono tra gli indagati. Tra i dirigenti rimossi, almeno un testimone ha detto ai pm milanesi di aver perso l'incarico e subito vessazioni perché aveva tentato di opporsi all'operazione congiunta Cia-Sismi, protestando inutilmente con i superiori che quel raid era «illegale» e «contrario ai principi della nostra democrazia». All'interno dei servizi, solo i vertici hanno l'obbligo di denunciare i reati alla magistratura: per i capi, quindi, basta sapere per diventare complici.
Le confessioni del carabiniere Luciano Pironi, che per primo ha ammesso di aver partecipato al sequestro bloccando per strada Abu Omar, fanno pensare che il Sismi possa aver aiutato la Cia anche nella fase finale. Almeno due sequestratori, sostiene infatti il maresciallo, parlavano in un italiano tanto gergale («ma che c... fai?») da fargli pensare che fossero agenti del Sismi. Oppure «contractors» esterni, ma reclutati in Italia. Nel frattempo Abu Omar continua a restare prigioniero di quei servizi segreti egiziani che, secondo le indagini milanesi, lo hanno torturato atrocemente. Ogni articolo sul suo caso serve solo a spingere i carcerieri a massacrarlo di nuovo di botte. La moglie (e madre dei suoi bambini) è stata convinta a fatica dalla comunità islamica a incaricare l'avvocato Antonio Nebuloni di costituirsi parte civile contro Cia e Sismi «non per soldi, ma per chiedere giustizia all'Italia e libertà per Abu Omar».
Paolo Biondani dal Corriere.it
07 luglio 2006
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Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

LA SCHEDA

Il rapimento, l'inchiesta, gli 007
Ecco le tappe della vicenda

ROMA - Il rapimento dell'imam Abu Omar a Milano. Il trasferimento ad Aviano e poi al Cairo. Le torture. La scomparsa. E poi l'inchiesta della magistratura. Il ruolo della Cia e del Sismi. Quello del governo italiano che ha sempre negato tutto. Ecco le tappe della vicenda che ha portato agli arresti di oggi.

17 febbraio 2003. In pieno giorno viene rapito in via Conte a Milano, Hassan Mostafa Osama Nasr (detto Abu Omar), egiziano, classe 1963. L'ex imam della moschea milanese di via Quaranta e del centro di cultura islamica di viale Jenner viene caricato su un furgone e scompare nel nulla. Abu Omar dall'11 febraio 2002 era sotto indagine perché sospettato di aver legami con organizzazioni islamiche estremiste. Gli veniva contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale.

L'indagine aperta dalla procura milanese - sulla base di testimonianze e intercettazioni - individua in alcuni agenti della Cia gli autori del rapimento dell'imam che, sequestrato a Milano, viene portato alla base militare di Aviano - e qui torturato - e poi spedito in Egitto, nelle carceri di Mubarak (e qui, nuovamente, seviziato).

Gennaio 2004. L'allora ministro dei Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi sostiene in Aula che "i nostri servizi segreti non erano a conoscenza dell'operazione".

Aprile 2004. Dalle intercettazioni di telefonate alla moglie dell'imam, Nabila, si scopre che Abu Omar è stato rilasciato, anche se in libertà vigilata.

25 giugno 2005. Il gip Chiara Nobili accoglie parzialmente le richieste di arresto del procuratore Armando Spataro nei confronti di 22 agenti dlela Cia accusati di aver portato a termine una "forcible abduction". Dopo tutti i passaggi tecnici i sequestratori vengono dichiarati latitanti e vengono avviate le ricerche.

23 dicembre del 2005. L'allora ministro Roberto Castelli, investito della questione dell'estradizione, chiede la disponibilità di tutti gli atti di indagine per studiarli.

aprile 2006. "Camminavo per le strade di Milano il 17 febbraio 2003, quando un uomo dai tratti americani mi ha fermato e chiesto il passaporto, quindi altre persone mi hanno bloccato alle spalle e costretto a salire su una macchina, mettendomi un sacco di plastica in testa...". Questo il racconto del rapimento che avrebbe fatto lo stesso Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, davanti ai giudici della Corte d'appello del Cairo, così come riferito all'epoca da fonti anonime al quotidiano indipendente El Masri el Yom. "Non riuscivo a respirare, sono svenuto, allora hanno rotto il sacco e mi hanno messo del nastro adesivo sugli occhi", ha proseguito l'imam, che risulta essere detenuto in un carcere alla periferia della capitale egiziana. "Mi hanno fatto scendere in un'area dove c'erano degli aerei e in seguito ho saputo che era una base americana, mi hanno caricato su un aereo per la Germania e poi per l'Egitto".

12 aprile 2006. Castelli comunica al procuratore generale di Milano, Mario Blandini, la sua decisione di non presentare la domanda di estradizione dagli Stati Uniti d'America e di diffusione delle ricerche all'estero formulata dalla procura della Repubblica di Milano e relativa al procedimento penale che vede indagati i 22 agenti della Cia.

11 maggio 2006. Palazzo Chigi - in risposta ad alcune inchieste giornalistiche che evidenziano il coinvolgimento del governo e del Sismi nella vicenda Abu Omar - ribadisce l'"assoluta estraneità" del governo e dei Servizi segreti italiani nel sequestro di Abu Omar. "Palazzo Chigi - si legge in una nota - non ha nulla da aggiungere in merito all'assoluta estraneità dell'esecutivo e dei Servizi di informazione e sicurezza rispetto al sequestro, che anche oggi si intende ribadire con lo stesso vigore e con la stessa forza di sempre".

12 maggio 2006. L'allora ministro della Difesa, Antonio Martino, ribadisce "l'assoluta estraneità del Governo e del Sismi rispetto al sequestro di Abu Omar, rapimento che non coinvolge ad alcun titolo nè l'esecutivo nè il Servizio, nè direttamente nè indirettamente".

7 giugno 2006. Il relatore dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Dick Marty denuncia l'esistenza di una "rete" di Paesi coinvolti nelle detenzioni e trasferimenti di presunti terroristi da parte della Cia ed elenca sette Stati membri del Consiglio d'Europa, fra i quali figura l'Italia, che potrebbero essere ritenuti responsabili, a vari livelli, per aver violato i diritti di determinati individui e partecipato a tali operazioni.

5 luglio 2006. Su richiesta dlela procura milanese finiscono in manette il numero 2 del Sismi, Marco Mancini e un altro militare italiano. L'accusa è di concorso in sequestro di persona.

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LA CARICA DEI DIECIMILA TUTTO QUELLO CHE VORRESTI SAPERE SULLA STORIA (NON SEMPRE LIMPIDA) E SULLE REGOLE (NON SEMPRE RISPETTATE) DEI NOSTRI AGENTI

La vita da 007 all'italiana

9/7/2006

di Francesco Grignetti

 

ROMA. Piccolo vademecum sulle spie italiane. Quante sono, come sono organizzate, quanto costano, cosa fanno. Erano tanti anni che non si vedeva uno scandalo così deflagrante che coinvolgesse l’intelligence nazionale. Un bel salto all’indietro verso i tempi bui del Sifar e del Sid.

1 Chi li recluta e come?
Non c’è una regola precisa. In genere, al Sisde (servizio segreto civile) vanno i migliori poliziotti. Al Sismi (servizio segreto militare) ufficiali delle Forze armate e sottufficiali dei Carabinieri. Ma questa è una prassi superata. Da quando c’è un generale della Guardia di finanza alla direzione del Sismi e un generale dei Carabinieri alla guida del Sisde, i nostri servizi segreti hanno praticamente espulso dai quadri dirigenti gli ufficiali dell’Esercito e della Marina e si sono innervati con ottimi investigatori di polizia. Si veda il caso di Nicola Calipari, un vicequestore entrato al Sismi. Oppure di Marco Mancini, ex maresciallo dell’Arma. Oltre al travaso dai corpi armati dello Stato, c’è poi la terza via: quella familiare. Tra Sisde, Sismi e Cesis (il terzo servizio segreto, nato per coordinare gli altri due, nel tempo lievitato in numeri e funzioni) è pieno di figli subentrati ai padri. Comunque è bene precisare: non si entra nei servizi segreti per concorso, ma per chiamata. E’ chiaro che una buona raccomandazione aiuta.

2 Quanti sono e quanto guadagnano?
In teoria la materia è coperta da segreto. Da quanto si sa, gli 007 italiani dovrebbero essere circa diecimila: cinquemila al Sismi, duemila al Sisde, un po’ meno di mille al Cesis, tremila al Ris (il Reparto Informazione e Sicurezza, incardinato nello Stato maggiore della Difesa, raccoglie i vecchi Sios, servizi segreti di forza armata). Ognuno di questi agenti segreti ha una sua rete di informatori, più o meno organizzata, più o meno consapevoli di fornire notizie ai servizi segreti della Repubblica. Anche la retribuzione varia: allo stipendio base di due-tremila euro (che non si perde: nei servizi si entra e si esce con molta facilità) va aggiunta la cosiddetta «indennità di cravatta», nata in origine come rimborso per l’acquisto di vestiti al posto delle divise, che può far quadruplicare la busta paga. Ci sono i «bonus» a discrezione del direttore. E per gli informatori, i fondi riservati non hanno limite. In Iraq le spese per l’intelligence sono state spaventose: in tre anni, circa 30 milioni di euro.

3 Che caratteristiche fisiche e psichiche devono avere?
James Bond è uno stereotipo da cinema. Lo 007 reale è bassetto, stempiato, magari con un filo di pancia. Ma molto sveglio.

4 Chi li addestra?
C’è ovviamente una scuola per spie. Sia il Sismi che il Sisde hanno i loro corsi di preparazione. Il direttore della Scuola di Addestramento del Sisde spesso scrive anche sulla rivista del servizio, «Gnosis», ma non è dato conoscere il suo nome. Anche il discorso che il ministro dell’Interno tiene alle aspiranti spie viene reso pubblico. Ma sempre a cose fatte.

5 Sono come 007? Hanno licenza d’uccidere?
Nessuna licenza: è il paradosso dello spionaggio italiano. La legge stabilisce che le spie devono fare il loro lavoro, ma si devono guardare le spalle dalla magistratura perché non gli è concesso infrangere il codice penale. Molto si è parlato di una nuova legge che stabilisse le cosiddette «garanzie funzionali», cioè la possibilità di commettere piccoli reati, quali l’intercettazione telefonica o l’effrazione di un domicilio, avendo una speciale autorizzazione dall’alto. Ma siccome in Parlamento non si sono mai messi d’accordo su chi avrebbe dovuto autorizzare e poi vigilare, vige ancora il paradosso delle spie che non possono spiare.

6 Da chi dipendono?
Quella dei servizi segreti è una piccola piramide. In cima c’è il presidente del Consiglio che in genere delega a un sottosegretario i rapporti con l’intelligence. Sotto di lui c’è il segretario generale del Cesis, a cui spetta il coordinamento tra i servizi segreti. Il direttore del Sisde risponde anche al ministro dell’Interno; quello del Sismi al titolare della Difesa.

7 Chi ne determina le strategie?
Il presidente del Consiglio emette delle direttive. I due ministri (Interno e Difesa) danno le loro indicazioni. Il resto del governo, di fatto, non ha alcun ruolo.

8 Si conoscono tra di loro?
In ogni paese esiste la cosiddetta Comunità dell’intelligence. Sono tutti quelli che hanno a che fare con questo strano mondo delle spie (i diretti interessati, gli ex, i militari, i poliziotti, i prefetti, i diplomatici, più alcuni ricercatori, politici e giornalisti) e che in un modo o nell’altro ne conoscono qualche pezzo.

9 Sono armati, hanno più identità, li truccano, li trasfigurano. E chi lo fa?
Niente di tutto questo. Le armi sarebbero del tutto vietate, ma pare che ne abbiano in gran quantità. Al Cesis, poi, sono entrati gli agenti di scorta per premier e vicepremier: ovviamente armati. Gli operativi, comunque, hanno in genere un’identità di riserva con patenti, carte d’identità, passaporti generati ad hoc. Spesso vivono in appartamenti affittati da società di copertura. Avviano imprese con fondi del servizio. Il gioco semmai è sottile: farsi passare per chi non si è.

10 Chi stabilisce cosa sia la sicurezza nazionale? Noi, gli americani, l’Europa, Dio?
La risposta politicamente corretta è semplicissima: il governo legittimo. È Palazzo Chigi che stabilisce che cosa sia la sicurezza nazionale, e infatti il presidente del Consiglio ha il potere di coprire alcuni atti con il Segreto di Stato. La realtà è più complicata: è evidente che gli americani hanno sempre influenzato molto, per usare un eufemismo, le scelte dei nostri servizi. Già nella scelta degli uomini. Nei fatti i direttori dei servizi segreti sono stati i sacerdoti supremi di certo atlantismo. C’è stato un caso famoso, nei primi Anni Settanta, quando il generale Vito Miceli, direttore del Sisde, non voleva dare ad Andreotti il Nulla Osta di Sicurezza, cercando di bloccargli la nomina a ministro. Andreotti si offese moltissimo.

11 Quando cambiano i governi, le consegne devono essere passate in toto ai nuovi o ci sono delle zone d’ombra?
Naturale che le zone d’ombra ci siano. Non per nulla la storia d’Italia è intessuta di trame: potenti dc che fanno le scarpe ai loro concorrenti interni, democristiani contro socialisti, ora l’alternanza tra destra e sinistra. E volete che un governo uscente vada a raccontare i suoi segreti più reconditi a chi lo scaccia? Li scoprano da soli, se sono bravi.

12 È possibile che ci siano dei doppiogiochisti. E in genere per chi lavorano, per i palestinesi, per il Mossad, per gli americani, per i russi, per chi?
Doppiogiochisti ci sono nei migliori servizi segreti, figurarsi in quelli italiani. Dentro il Sismi da un decennio c’è in corso una caccia al doppiogiochista di cui si conosce solo il nomignolo, il Verme, che lavorava per i sovietici e oggi probabilmente è passato ai russi. Di Pazienza s’è detto che fosse troppo intimo con i servizi segreti francesi. Nel vespaio mediorientale, poi, si può essere amici e nemici allo stesso tempo.

13 Se li prendono, i doppiogiochisti, che ne fanno?
Non finiscono mai in galera. Li utilizzano. Ossia diventano canali privilegiati per scoprire quanto sanno gli avversari. E per disinformarli. Vengono trasmesse informazioni false per vedere l’effetto che fa. Si cerca di stimolare il dialogo. Poi, quando il gioco si è esaurito, viene caldeggiata una lunga vacanza all’estero.

14 Ci sono dei generali, dei politici, dei tecnici che si siedono attorno a un tavolo e ne stabiliscono le strategie?
I servizi segreti sono spesso afflitti da una mania di pianificazione che li porta a preparare piani fantasmagorici. Qualche volta troppo fantasmagorici. Grande spazio hanno le operazioni psicologiche: la «disinformazione» della propria opinione pubblica come di quella nemica è considerata importantissima. Si faceva già durante la seconda guerra mondiale. Figurarsi oggi che viviamo nella società della comunicazione.

15 Ci sono cellule dormienti?
Gladio era una rete di cellule dormienti, che si sarebbero risvegliate in caso di invasione da parte del Patto di Varsavia. Nulla vieta di pensare che ce ne siano altre, di strutture simili.

16 Chi sono i nostri alleati?
Tutti e nessuno. Il mondo delle spie è un gioco di specchi. E quindi l’amico di oggi può diventare il nemico di domani e viceversa. I nostri servizi hanno sempre avuto ottimi rapporti con Teheran anche quando l’Iran era nella lista nera degli americani. Stesso discorso per la Libia. E solo di recente s’è scoperto che flirtiamo con la Siria.

17 Quali sono le spie più cattive del mondo?
Se andiamo con il pensiero alla guerra fredda, i bulgari erano i più freddi esecutori di ordini altrui. Oggi chissà.

18 Qual è stata la spia mitica?
L’elenco è lungo. All’estero i nomi sono famosissimi: Mata Hari che spiava per i tedeschi nel 1915; Richard Sorge che in Giappone lavorava per i sovietici nel 1939; la Banda dei Quattro infiltrati nei servizi segreti inglesi. Il mito italiano, oggi dimenticato, e molto controverso, è stato il colonnello Giovannone, capocentro a Beirut negli Anni Settanta.

19 Che cosa succede quando c’è un episodio clamoroso (un attentato, una strage, un aereo che cade)? Si forma un’unità di crisi? Da chi è diretta, chi è informato di quello che fa?
I servizi segreti vengono subito allertati. Anzi, a rigore dovrebbero essere loro ad allertare il governo e tutti gli altri. Sia a Forte Braschi (dove ha sede il Sismi), sia a via Lanza (sede centrale del Sisde), esistono sale operative supertecnologiche, dotate di computer, reti criptate di comunicazione, mappe satellitari e quant’altro che aiuta i dirigenti a prendere le decisioni più difficili. Ma la moltiplicazione delle sale operative (ce ne sono anche al ministero dell’Interno, della Difesa, degli Esteri e allo stato maggiore Difesa, al Dipartimento Ps, al comando generale dell’Arma, e così via) non significa molto. Le decisioni che contano poi vengono regolarmente prese in un salottino di Palazzo Chigi, alla presenza di chi davvero conta. Ai tempi della crisi di Sigonella, l’allora direttore del Sismi, il compianto Fulvio Martini, s’installò a Palazzo Chigi per giorni e non ne uscì finché non fu tutto finito.

 
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