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Il Parlamento dice NO alla riforma del codice penale militare di guerra - Codice Militare: stampa e ONG PDF Stampa E-mail
Indice
Il Parlamento dice NO alla riforma del codice penale militare di guerra
I pericoli della guerra infinita
Codice Militare: stampa e ONG
Comunicato: Bloccata temporaneamente l'iter della legge sui codici militari
Tutte le pagine

Codice Militare: stampa e ONG "arruolate" per legge

di Cinzia Cislaghi (Social Press)

L'Italia si sta rapidamente adeguando ai nuovi scenari internazionali. A novembre 2004 il Senato ha approvato la legge delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare. Il testo, dopo essere stato in parte modificato dalle commissioni difesa e giustizia della Camera, è ora pronto per essere esaminato in aula, dove la discussione inizierà il 21 febbraio. Tale provvedimento introduce un disegno di riforma ambizioso che mira alla quasi completa riscrittura dei Codici penali militari di pace e di guerra ed introduce incisive modifiche nell'ordinamento giudiziario militare.

Due sono le linee guida che orientano l'intero progetto: la prima è l'esigenza di ridurre l'area di controllo di legalità affidata alla giurisdizione ordinaria, incrementando la competenza della giurisdizione militare, attraverso la "militarizzazione" dei reati comuni commessi da militari; la seconda è l'esigenza di abbassare la soglia fra pace e guerra, riesumando le leggi di guerra ed estendendone l'applicazione, resa, in certi contesti, automatica. All'interno di queste due esigenze si colloca l'orientamento di confermare, se non addirittura di ripristinare le norme più dure in tema di disciplina militare.

All'art.3, nei principi direttivi che dovranno guidare la revisione del codice militare di pace, sono annoverati tra i reati da "riordinare" tutti quei comportamenti che afferiscono alla: " disobbedienza individuale e collettiva" ossia tutte le forme di sciopero e le attività ad esso connesse (di promozione, organizzazione e direzione); oltre alla raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina; con pene che possono arrivare fino a 7 anni per gli organizzatori.

Il testo uscito dall'esame in Senato conteneva un passaggio così palesemente incostituzionale, che la stessa maggioranza proponente, in sede di riesame in commissione alla Camera, ha dovuto fare un passo indietro.
Si tratta del passaggio in cui si definiva l'applicazione di un tempo di guerra, su tutto il territorio nazionale, ogni qual volta l'Italia si fosse trovata impegnata, all'estero, in missioni militari.
Tale definizione di un tempo di guerra permanente (l'Italia è sempre impegnata in missioni militari all'estero, anche se in genere ciò non ottiene alcun rilievo nella stampa e presso l'opinione pubblica), avrebbe portato ad una sorta di introduzione graduale alla guerra, aggirando la procedura garantista prevista dalla Costituzione.
Ciò avrebbe avuto una rilevanza fondamentale dal punto di vista giuridico perché quando lo stato è in pace, vige il Codice militare di pace, viceversa durante il tempo di guerra, si applica il Codice militare di guerra, che estende ai non militari la giurisdizione dei Tribunali militari e comporta un drastico abbassamento delle garanzie processuali e delle libertà di opinione e di espressione del pensiero.
Questo eccesso è stato dunque ritirato dagli stessi commissari della maggioranza, ma il testo che verrà discusso alla Camera contiene comunque alcune norme molto preoccupanti in tema di diritto all'informazione e libertà di pensiero.
La legge delega definisce l'applicazione del Codice militare di guerra per qualunque tipo di operazione militare all'estero (comprese quelle di peacekeeping deliberate dall'ONU o le cosiddette "operazioni umanitarie"). In questo modo, viene legittimato il ricorso all'uso della forza, cioè della violenza militare, aggirando il ripudio costituzionale della guerra e le procedure costituzionali sullo stato di guerra.
Le Ong attive in quei territori in cui si effettui una missione volontaria di guerra saranno sottoposte alle rigide norme del codice militare di guerra, che sarà dunque applicato indifferentemente in tutti i contesti, coinvolgendo nel tempo di guerra la stampa, le Ong, il personale civile. Queste le norme che più pesantemente potranno incidere:
L'art. 248 ("somministrazione al nemico di provvigioni") rischia di diventare un'arma letale per i volontari delle Ong che soccorrendo le vittime delle azioni militari, come in Iraq o in Afghanistan, potrebbero subire pene non inferiori a 5 anni di reclusione.
L'art. 87, recita: "Chiunque, al fine di denigrare la guerra, pubblicamente fa atti di vilipendio o profferisce parole di disprezzo o invettive contro la guerra, la condotta o le operazioni di essa, ovvero contro le forze armate dello Stato o coloro che vi appartengono, è punito con la reclusione militare fino a tre anni". Un chiaro deterrente contro i pacifisti e chiunque oggi si oppone pubblicamente all'impiego dei militari italiani nelle operazioni militari.

Si prospetta un ampliamento enorme dei reati militari e della potestà di intervento della magistratura militare e della militarizzazione estrema di tutta quanta la materia giuridica.
Si sta definendo un assetto giuridico che predispone nel nostro paese l'accettazione del primato della guerra come elemento che ordina le relazioni internazionali e che guida le priorità del diritto interno allo Stato.

Quanto alla libertà di stampa e al diritto di informazione, lo scopo della delega sembra proprio quello di ridurli drasticamente , anche là dove vi siano operazioni militari in situazioni di guerra non finalizzate alla difesa del territorio nazionale del nostro paese. Ma che sono finalizzate a tutte quelle operazioni relative alle nuove forme di guerra permanente a cui stiamo assistendo e alle quali l'Italia partecipa!.

Per effetto delle nuove norme diventano "operativi", cioè pienamente in vigore anche gli articoli 72 e 73 del codice penale militare italiano là dove la legge recita che viene punita "l'illecita raccolta, pubblicazione e diffusione di notizie militari". Viene punito con la reclusione militare, viene cioè affidato ad un carcere militare, chiunque "procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere riservato". Chi verrà accusato di questi "reati" potrà essere condannato ad una pena variante tra i 2 e i 10 anni di carcere militare. Se poi queste notizie verranno "divulgate" la pena potrà essere raddoppiata e arrivare fino a 20 anni di carcere!

mercoledì 16 febbraio 2005

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Giovedì 17 febbraio 2005 alle ore 17 presso la Sala Walter Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa in C.so Vittorio Emanuele 349, Roma si terrà un incontro sul tema L’iter legislativo della legge delega al governo per la riforma dei codici militari di guerra e di pace e le sue conseguenze. Intervengono: Paolo Serventi Longhi, (segretario generale FNSI), Gabriele Polo (direttore « il manifesto »), Fabio Alberti (presidente « Un Ponte Per.. »), Maria Cuffaro (giornalista RAI), Claudio De Fiores (costituzionalista), On. Elettra Deiana (PRC), On.Silvana Pisa (DS) e ad altri parlamentari, esponenti del Cocer, dell’associazionismo e giornalisti.

Il rapimento della giornalista italiana Giuliana Sgrena ha reso chiaro a tutti quanto sia importante la libertà di stampa, quella del « non scrivo se non vedo », quella delle piccole grandi vicende che annegano sempre nella Grande Storia scritta dai cosiddetti « vincitori ». Proprio in questi giorni la Camera dei Deputati si accinge a discutere una ipotesi di legge delega che , se approvata in via definitiva dopo aver già passato l’esame al Senato, negherà ai giornalisti (e non solo) la possibilità di informare in modo completo e diretto dalle zone di guerra, applicando attraverso la riforma del codice militare di guerra (e di pace) una censura preventiva. Giornalisti, membri di ONG e chiunque decida di diffondere « verità scomode » si troverebbe, pertanto, nella condizione di dover non vedere, non sentire e non parlare. Per impedire questo riteniamo fondamentale chiamare alla mobilitazione generale .

Adesioni:
ARCI, ART11, Articolo 21, Associazione "Aiutiamoli a Vivere" (Passage to the South), Associaizone Aprile-Roma, Associazione Federativa Femminista Internazionale, Associazione Obiettori Nonviolenti, Attac Italia, Bastaguerra Roma, Beati costruttori di Pace, Comitato Fermiamo la Guerra di Milano, Comitato Scienziate e Scienziati Contro la Guerra, Donne in Nero, Ecoradio, FNSI, Federazione dei Verdi, FIOM, forumdelteatro.org, Forum Difesa Salute, GAVCI Legambiente, G.I.M., "Informazione@futuro”, Mediterranean Womens’ Press Network, Organizzazione di Volontariato A.L.J. (Aiutiamo la Jugoslavia), Pane e rose ONLUS, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Umanista di Milano, Partito Umanista di Trieste, Pax Christi Roma, Peacelink, Radicali di sinistra, Radio Città' Aperta, Il Ponte, Redazione del sito www.giovaniemissione.it, Rete dei Movimenti, Rete di Lilliput, Reti di Pace - laboratorio Monteverde, Rete Radiè Resch, SinCobas, USIGRAI,, Un ponte per..., Unimondo.org, WILPF Italia

Campagna contro la riforma dei codici militari di guerra e di pace

Per adesioni e informazioni : Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. www.ostinatiperlapace.org
Manuele Messineo 3495705059 - Tiziana Boari 339 7556744



 
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