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Nuovo modello di difesa: INTERVISTA AL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI DEL PRESIDENTE DEL COCER AERONAUTICA GUIDO BOTTACCHIARI PDF Stampa E-mail

L'INSOSTENIBILITA' DELLO STRUMENTO MILITARE SECONDO IL MINISTRO DELLA DIFESA RIDIMENSIONAMENTO, RIEQUILIBRIO DELLE SPESE A FAVORE DEL FUNZIONAMENTO E DELL'INVESTIMENTO. IPOTESI DI MOBILITA' FORZOSE

NO A SPOT MEDIATICI E SUI NUMERI "OPERAZIONE TRASPARENZA!"

INTERVISTA AL NUOVO GIORNALE DEI MILITARI DEL PRESIDENTE DEL COCER AERONAUTICA GUIDO BOTTACCHIARI

COMUNICATO STAMPA

La funzione della Difesa alla luce del dettato costituzionale; le ipotesi di revisione dello strumento militare, le ricadute sul personale, il ruolo della rappresentanza e del parlamento nel dibattito sul nuovo Modello di difesa. Questi i temi affrontati nella intervista rilasciata dal Presidente del Cocer Aeronautica, T.Col. Guido Bottacchiari, al Direttore de' il nuovo Giornale dei Militari" Antonella Manotti.

Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

Per il T. Col Bottacchiari esiste innanzitutto l'esigenza della chiarezza e di una corretta informazione sulla necessità di rivedere il modello di difesa <>. .

Un altro aspetto gravemente lesivo della specificità militare tanto sbandierata nel recente passato, è quello contenuto in alcuni atti diffusi e finora non smentiti dalla Difesa, laddove si invoca l'estensione della disciplina intervenuta in materia di mobilità dei dipendenti pubblici (di cui all' art. 33 del d.lgs.n. 165/2001 novellato dalla legge di stabilità ultima) per il personale militare da transitare nelle amministrazioni pubbliche.

.

Una analisi lucida e realistica sullo stato della rappresentanza militare, conclude l'intervista. .

L'INTERVISTA INTEGRALE AL PRESIDENTE DEL COCER AERONAUTICA T.COL. GUIDO BOTTACCHIARI

di Antonella Manotti del NGM

D) Tenente Colonnello Bottacchiari, si parla da anni della esigenza di rivedere il modello di Difesa alla luce dei cambiamenti imposti dal mutare degli equilibri politici ed economici globali. Oggi il tema è oggetto di un ampio e serrato dibattito politico "ravvivato" dalle proposte avanzate dal Ministro della Difesa Di Paola che parla di ipertrofia dimensionale e ipotrofia funzionale del nostro strumento militare.

Come giudica l'approccio al tema e, a suo avviso, la funzione delle Forze Armate, rispetto ai principi che la nostra Costituzione ha affidato ad esse, può considerarsi oggi così inadeguata?

R) Credo che il problema, o per meglio dire il tema, esista realmente.

Prima di parlare di adeguatezza o meno dello strumento militare ritengo sia opportuno però, che la questione sia esaminata da un punto di vista più generale, ovvero ricordando la "ratio" costituzionale della funzione della Difesa Nazionale, attualizzata al nostro tempo, non solo tenendo conto della mutata visione "geo-strategica" delle minacce, degli interessi di parte e delle opzioni anche militari conseguenti, ma avendo sempre presente il dettato costituzionale e non nascondendo il reale vincolo alla sostenibilità di qualsivoglia strumento militare: ovvero la disponibilità (intesa nel pieno senso della parola) del Paese ad investire risorse in tal settore. Giova sul primo punto ricordare che la nostra "Magna Charta" agli articoli 11 e 12 cerca, faticosamente, da quasi settanta anni, di tenere in piedi due principi egualmente importanti ma non sempre facilmente conciliabili: quelli dell'"internazionalismo" e del "pacifismo". Sul primo, il nostro Paese accetta limitazioni di sovranità a favore di organismi internazionali, a condizione però che tale limitazione non alieni l'altro principio di assicurare pace e giustizia fra i popoli e le nazioni. Sul tema del rispetto delle disposizioni dell'art. 11 della nostra Costituzione "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali...", tanti costituzionalisti si sono espressi, spesso criticamente, specie da quando a partire dagli anni '90 il nostro Paese si è impegnato nelle cd. operazioni di pace sotto l'egida dell'ONU in attuazioni di risoluzioni che talora prestavano il fianco a numerose critiche. La risposta alla sua domanda è quindi ardua, possiamo dire così: sicuramente nei primi cinquant'anni della nostra Repubblica le Forze Armate hanno esercitato la funzione di Difesa nell'assoluto rispetto del dettato Costituzionale; da quando intervengono nei vari teatri operativi in missione di pace lo fanno nel pieno rispetto della legalità, con le migliori intenzioni "politiche internazionali" ma forse con qualche distonia rispetto alla previsione della Carta.

Sulla seconda questione, ovvero sulla necessità di rivedere il modello di Difesa come da più parti propugnato, finanche da ultimo dal neo Ministro Amm. Di Paola, con affermazioni e talora con spot poco piacevoli, nessuna obiezione dogmatica ma solo riflessioni e dubbi circa la necessità/opportunità e soprattutto sui modi ed i tempi, specie per la riduzione quantitativa degli effettivi (precari e non) alle armi.

Sull'argomento si discetta da tempo; però un vero e proprio dibattito culturale e soprattutto politico e parlamentare mi pare non ci sia stato, credo invece che su una questione di così ampia portata ci sia l'assoluta necessità di un profondo, articolato, meditato e non superficiale confronto.

Sulla proposta avanzata - per la verità con contorni ancora poco definiti - dal Ministro Di Paola posso solo dire che non mi piacciono i lanci ad effetto mediatico che lo stesso Ministro ha fatto per renderla più appetibile (meno generali più tecnologia; ipertrofia dimensionale e ipotrofia funzionale), perché possono dar l'idea, alla pubblica opinione, di un corpo di soggetti in esubero usi "a pettinare le bambole" o come affermato nel recente passato, dall'ex Presidente del Consiglio "a guardia della fortezza Bastiani nel Deserto dei tartari".

Tutto ciò per non dire con chiarezza e semplicità, e senza eristicamente tentare di procurarsi una "captazio benevolentiae" che il Paese, nonostante la sua forza economica, non può per motivi di bilancio, permettersi delle Forze Armate pari ai desideri ed al livello di ambizione.

Non è quindi accettabile sparare sul personale, finendo con il far credere che dipenda in larga parte dalla sua entità numerica il problema della insostenibilità di un modello di Difesa, peraltro pensato all'alba del 2000, problema che invece va ricercato in quel "vorrei ma non posso". Personale che invece dovrebbe esser ricordato, non solo per i caduti, ma per tutte quelle attività svolte in Patria e fuori, in missioni più o meno di pace, a partire dalla guerra del golfo del '90 passando per Iraq, Bosnia, Kossovo, Afghanistan, Libano e tante altre missioni cd. minori per non parlare delle questioni di casa nostra, dai disastri ambientali di ogni tipo, ai problemi ecologici e per finire con le operazioni di ausilio alla funzione di sicurezza interna poste in essere da sempre e sempre con generosità ed abnegazione.

Concludendo, non parlerei di inadeguatezza del modello ma piuttosto di difficoltà finanziarie nel mantenimento dello stesso, evitando assolutamente di trascinare il personale tutto in "querelle" che nulla hanno a che fare con la funzionalità e che risultano particolarmente sgradite specie se pronunciate da autorevolissimi ex appartenenti alle stesse Forze Armate.

D) Il Ministro Di Paola ha affermato che le FF.AA. oggi sono chiamate ad esprimere capacità operative - richieste dall'Unione europea e dalla Nato - di elevato livello qualitativo e tecnologico e non possono essere schiave delle dimensioni dello strumento . In proposito sostiene che, guardando alla media europea, dove per il personale si spende, rispetto al totale della spesa per la difesa, il 51%, in Italia siamo invece al 70%. Quindi, per Di Paola,  occorre attuare un equilibrio per arrivare a ridurre le spese del personale in una proporzione stimata al 50/25/25 % tra i tre settori (personale/operatività/investimento). Condivide questa impostazione?

R) Sul fatto di esprimere capacità operative adeguate alle richieste dall'Europa e dalla Nato è evidente una convergenza di opinioni con il Ministro, anche se sul fronte Europeo forse il nostro Paese dovrebbe giocare un più incisivo ruolo propulsivo anche nel cercare una concreta dimensione di Difesa.

Rispetto alla schiavitù dalle dimensioni dello strumento ed alla proporzioni stimate della ripartizione delle spese al 50/25/25 % tra i tre settori (personale/operatività/investimento), vorrei invece dire alcune cose, peraltro già partecipate personalmente e pubblicamente al Ministro.

Sulle dimensioni del modello di Difesa ho già in precedenza sintetizzato il mio pensiero con il motto "vorrei ma non posso" ma aggiungo che le nostre Forze Armate vengono da un modello di esercito di popolo che è rimasto in auge sino al 2005 (coscrizione obbligatoria - leva) e con una struttura modellata sulla strategia di difesa derivante dalla contrapposizione dei blocchi comunista e occidentale con eserciti di grandi dimensioni quantitative (uomini e basi) che solo in parte è stato possibile ridurre in un tempo relativamente breve.

Una legge del 2001 prevedeva di rimodellare lo strumento di Difesa entro il 2021 alle mutate condizioni strategiche, riducendo il personale a 190.00 unità; ora a poco più di metà dell'opera e pur in presenza di una serie di tagli finanziari che hanno depotenziato il processo di esodo di alcune categorie di personale, è oggettivamente difficile sostenere di essere nel completo virtuosismo anche tenendo conto della ulteriore necessità di adeguare lo strumento alle necessità strategiche post 11 settembre che hanno determinato la necessità di una Difesa diffusa in aree del globo prima non ipotizzabili, con uno strumento militare magari ridotto ma con grandi capacità di proiezione.

D'altro canto però mi sembra alquanto strano e non adeguatamente supportato da analisi, il dichiarare, senza tema di essere smentito, che il rapporto ottimale tra i settori personale/funzionamento/investimento è nei termini sopra descritti.

Sul tema, nonostante ricerche approfondite, non ho trovato certezze (scherzando ma non troppo ho detto al Ministro che attendo di conoscere il premio Nobel che gli ha consigliato tale formula sperando non si tratti di economisti bravi a certificare in maniera postuma fallimenti come quelli attuali in economia) ed anche in presenza di modelli di riferimento di Forze Armate di altri paesi che abbiano livelli e rapporti 50/25/25 è sempre bene tenere in considerazione che non tutti i modelli sono replicabili con successo ad ogni latitudine (l'Italia ne è esempio vivente in molti settori da quello finanziario a quello economico, passando per la dimensioni delle strutture produttive e finendo con quello del welfare e non sempre negativamente anzi ). Mi pare altresì evidente che se poi tale formula magica dovesse essere dal Parlamento accettata bisognerebbe fare una operazione verità e portare in computo per il 50% delle spese destinate al personale tutte quelle destinate alla funzione difesa ergo anche i fondi (almeno 1,3 mld. di euro) allocati per l'investimento presso il Ministero dello Sviluppo Economico, altrimenti la quota per il personale sarebbe molto inferiore a quella fatidica di metà, per me comunque insufficiente, tenuto anche conto che, cospicua parte del 25 % delle spese di funzionamento, sarebbe poi dedicata inevitabilmente a sostegno dei sistemi d'arma. Sulla questione, dirimente, con lo stesso spirito del Ministro "meno generali, più tecnologia" non essendo stato "folgorato sul viale dell'Astronomia" vorrei chiarezza massima.

D) La riduzione del personale è stata così quantificata: scendere a 150.000 militari e 20.000 civili. Una riduzione cioè di 43.000 unità. E per raggiungere tale obiettivo, sono state fatte diverse ipotesi; alcune di queste "anticipate" su siti internet senza che la rappresentanza ne conoscesse ancora i contenuti. Può illustrare ai nostri lettori quali sono queste ipotesi e se le condivide?

R) La rappresentanza conosce gli atti ufficiali forniti dal Ministro negli incontri che sono avvenuti recentemente. Certo, sarebbe sconveniente se i documenti apparsi su alcuni siti privati risultassero autentici. Sarebbe una caduta di stile del Dicastero Difesa oltre che l' ennesima riprova di una volontà volta a marginalizzare l'impegno serio ed attivo dell'unica "parte sociale" riconosciuta e ribadita da ultimo anche con la legge 183/2010. Ma non ci abbattiamo, conosciamo i nostri interlocutori e ci auguriamo che il confronto riprenda sui binari della correttezza e soprattutto con un contraddittorio serio e costruttivo così come promesso dal Ministro Di Paola.

Nel merito ed in attesa che qualcuno smentisca la veridicità degli stessi, è evidente che talune ipotesi, contenute in tali documenti, hanno creato legittime preoccupazioni e talora anche moti di sdegno. La cosa più grave contenuta in tali atti è, lo dico subito, la previsione, anzi quasi l'invocare l'estensione della disciplina intervenuta in materia di mobilità dei dipendenti pubblici (di cui all'art. 33 del d.lgs.n. 165/2001 novellato dalla legge di stabilità ultima) per il personale militare da transitare nelle amministrazioni pubbliche. Alla faccia della specificità!!!

Tale previsione, non accettabile minimamente (è un eufemismo), provocherebbe situazioni non gestibili attraverso il confronto sindacale/rappresentanze ma scelte unilaterali che sfocerebbero nella migliore delle ipotesi in ricollocazioni forzose esterne all'A.D., ovvero in fuoriuscite d'autorità ai sensi dell'art. 72 comma 11 L.112/2008 o peggio in collocamento in disponibilità con stipendio e indennità integrativa speciale all'80% per soli 24 mesi e poi a casa.

Altre novità di difficile digeribilità sarebbero: il transito nei ruoli del personale civile della difesa con tabelle di equiparazione alle aree funzionali non accettabili e con un assegno ad personam (di fatto una stagnazione della progressione economica per un lungo periodo); l'enorme riduzione degli arruolamenti e delle stabilizzazioni dei volontari in SPE; la previsione di transito presso imprese private, la sproporzionata riduzione della dirigenza a scapito dei ruoli speciali (-60% a fronte del -10% del ruolo normale figli e figliastri???); i rallentamenti nelle carriere di tutti i ruoli; il dimensionamento strisciante; la previsione del part time e tanto altro ancora.

Voleva sapere se condivido? Beh per una linea di Comando che spesso ci ricorda che abbiamo insieme (per legge) l'onore e l'onere di fare il bene del personale non c'è male, no? Spero che qualcuno dallo Stato Maggiore della Difesa smentisca la veridicità di quei fogli.

D) La crisi economica ha imposto al Governo misure drastiche che hanno colpito ampie fasce di lavoratori e di pensionati. Oggi si sente spesso parlare di "casta" con le stellette? Ma vi sentite veramente dei privilegiati?

R) Se per casta intendiamo un gruppo sociale allora si, anche i militari sono una casta. Se invece vogliamo usare il termine come oggi avviene quale sinonimo di gruppo chiuso con le caratteristiche tipiche degli "intoccabili", con il loro carico di sprechi e privilegi ingiustificati al pari di altre caste, oggi particolarmente invise alla pubblica opinione, direi che è una affermazione che non mi sento di condividere.

Certo, come in ogni settore ed organizzazione complessa, possono esistere sacche di privilegio ingiustificate così come spese improduttive e magari anche sprechi, ma mi lasci dire che per sentirsi dei privilegiati servono più degli stipendi e delle opportunità che mediamente vengono concessi alla maggior parte dei militari.

Gli stipendi sono tra i più bassi d'Europa (così come lo stesso Ministro in un  lapsus si è lasciato sfuggire, recentemente, nel parlare del rapporto delle spese nelle Forze Armate tedesche), un Volontario in ferma (precario talora sino a nove anni) guadagna poco più di mille euro al mese, un Graduato arriva al termine della carriera poco oltre i mille e settecento euro, un Luogotenente (sottufficiale al massimo della carriera dopo almeno 27 anni) sui duemila e duecento, un T.Col. (il grado apicale per gran parte degli ufficiali) sui duemila e settecento euro al mese. Non mi pare siano retribuzioni da casta. La crisi economica falsa o rende meno aderente la visione della realtà, per cui il posto "fisso", specie pubblico, viene visto come un ingiustificato privilegio, mentre in tempi di grande vivacità economica e guadagni facili lo stesso veniva vissuto come una limitazione; con equilibrio è bene essere consapevoli degli svantaggi e vantaggi di ogni professione/lavoro. D'altronde la crisi economica ha colpito anche i lavoratori dello Stato e tra questi particolarmente i militari che sono cittadini come gli altri e subiscono gli stessi effetti degli inasprimenti fiscali e dei prezzi e sul versante retributivo, nonostante esista una norma di specificità (fasulla?). Hanno subito, per il triennio 2011/13, tagli draconiani sia sulle retribuzioni (blocco contratti e blocco economico di ogni tipo di avanzamento/promozione) che uno scippo di più di settecento milioni di euro per un atteso riordino delle carriere. Veda se esiste un'altra categoria che ha contribuito al pari dei militari al risanamento del bilancio dello Stato. Ma nonostante ciò (seppur arrabbiati) siamo sempre pronti a fare tutto quello che ci viene chiesto nell'interesse del Paese.

D) E veniamo ad un altro tema sensibile: in una fase di così profonda ristrutturazione che imporrà inevitabilmente cambiamenti e sacrifici al personale e alle loro famiglie, non teme che l'attuale strumento di rappresentanza militare sia inadeguato a tutelare gli interessi collettivi della Categoria, visto il suo ruolo meramente consultivo e spesso collocato ai margini delle decisioni assunte in altre sedi?

R) All'attuale strumento di rappresentanza manca solo di intonare il "de profundis". La sua inadeguatezza appare ogni giorno più evidente e preoccupante e la sua esistenza in vita così com'è, forse fa comodo a tanti ma di  certo non al personale che proviamo a rappresentare con fatica e scarsi risultati nonostante i pur apprezzabili sforzi di persone capaci e volenterose. Credo sia giunto il tempo di uscire dall'equivoco di fondo su cui poggiava le fondamenta tale strumento di rappresentanza, sin dal momento della sua nascita: la possibilità che la funzione sociale possa essere esercitata anche "dall'amministratore delegato" delle Forze Armate, ovvero dalla linea di comando ovunque posta e non esclusivamente da un soggetto autonomo ed in grado di esercitare una sua forza negoziale in virtù dei diritti esponenziali del personale. E' chiaro, ancor di più, in particolare in frangenti come l'attuale, pieno di problemi economici e all'alba di un processo di ristrutturazione aziendale, come non sia possibile, ne giusto, chiedere a chi deve badare all'essenza ed alla funzionalità dello strumento militare, di dedicare un occhio di riguardo alla componente umana, compito da affidare in via esclusiva ad una organizzazione di tipo sindacale. Se qualcuno è convinto che sbagli, attendo di vedere riscritto il documento edito dallo Stato Maggiore della Difesa con la previsione di scivoli d'oro, pensioni di platino, transiti presso amministrazioni con funzioni e stipendi superiori, prospettive di carriera e stipendiali rosee per chi rimarrà.

La consapevolezza della necessità di riformare profondamente l'istituto rappresentativo dei militari tarda, però, ad arrivare proprio nel mondo politico, mentre paradossalmente i militari sono sempre più consapevoli della necessità di una svolta in tal senso; chi tra le forze politiche avrà il coraggio "vero" di procedere in tale direzione sarà ricordato dai militari come un innovatore al pari dell' On. Aldo Moro e del Pres.te Sandro Pertini che, fortissimamente, vollero negli anni '70 questa novità, anzi essi avrebbero già allora voluto molto di più ma furono traditi nella applicazione dei principi  della legge attraverso un D.P.R. scritto con le sole mani della Difesa che per voce del capo pro tempore andava raccontando della fine delle FF.AA. in conseguenza della neonata rappresentanza.

A distanza di tempo le Forze Armate son sempre lì e sono diventate anche professionali ed operano in teatri operativi come mai impegnativi, motivo in più per concedere il diritto sindacale ai suoi appartenenti. Se poi ancora mancasse il coraggio tra le forze politiche, appare almeno necessario procedere con una riforma del diritto associativo, esterno e libero, e con un reale rafforzamento gestionale, amministrativo e funzionale, della rappresentanza interna (tutta) che dovrebbe esercitare, senza più padri putativi, il pieno ruolo negoziale all'interno di un più democratico organo che preveda norme di formazione, funzionamento ed i bilanciamenti tipici di ogni consiglio democraticamente eletto. Sull'argomento non vorrei dire di più anche perché penso sia oramai noto a tutti il mio pensiero.

D) Quale dovrebbe essere il ruolo del Parlamento in questa fase? Quale è l'appello che si sentirebbe di fare alle forze politiche?

R) Carissima Direttrice mi fa una domanda cui sarebbe facile ma da presuntuosi rispondere. Credo che i nostri parlamentari, tutti, non vedono l'ora di discutere nelle aule parlamentari di tali questioni. Il fatto è che in questa legislatura, in particolare, è stata sottratta loro questa facoltà. Sarebbe utile sentire loro stessi sull'argomento e capire se, ad esempio, i lavori della Commissione di alti studi insediata per redigere uno studio sul nuovo modello di difesa dal precedente Ministro La Russa abbia prodotto risultati, quali, e se loro ne conoscono la portata. E' chiaro che il ruolo del Parlamento dovrebbe essere centrale come non mai in questioni così delicate e che forse sarebbe auspicabile un serio lavoro in una apposita Commissione e/o sessione parlamentare.

 
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